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— Ho il suo indirizzo. — Harry osservò il suo viso per un atti­mo, poi si voltò.

  — Quasi dimenticavo... La polizia le ha detto che ha parlato con qualcuno?

  — Cosa?

  — Suo padre, appena prima di morire...

  Harry si fermò sul gradino e la fissò. — Cioè, subito dopo l'in­cidente?

  — No, qualche minuto prima, credo. L'ho sentito da un poli­ziotto. Pare che suo padre abbia fermato qualcuno lungo la stra­da.

  — Sa cos'ha detto?

  — Non ne ho idea. Ma può darsi che a lei interessi scoprirlo. Immagino che siano state le sue ultime parole, dopo tutto.

  Harry si allontanò dalla casa con un senso di ansia crescente alla bocca dello stomaco. Mentre apriva la portiera dell'auto, si girò a guardare e vide che Grace era ancora sulla porta, e osser­vava in silenzio la sua partenza.

  5

  Bryant e May

  — Non dici sul serio quando parli di andare in pensione, eh, Ar­thur? Sii sincero, ti ci vedi a gingillarti in giardino costruendo tra­licci per le rose? Diamine, moriresti entro un anno.

  — Non essere offensivo, John. Sono capacissimo di godermi la pensione senza trasformarmi in un vegetale. Milioni di perso­ne normali lo fanno.

  — Persone normali? Bah! — John May strinse bene il cappot­to per ripararsi dalla foschia gelida che aleggiava sull'acqua. — Le persone normali fanno la coda negli uffici postali coi loro li­bretti della pensione. Siedono sulle panchine dei parchi dando da mangiare ai piccioni. Rievocano i giorni del bombardamento di Londra. Non si alzano alle sei e mezzo di mattina per vedere ripescare un corpo da un canale. — Prese un fazzoletto dalla ta­sca e si soffiò forte il naso. — Ti conosco troppo bene. Per te, passare una serata piacevole significa preparare la cena per una bella donna e descriverle l'omicidio del baule di Brighton mentre mangia. Meglio che affronti la realtà. Non potresti mollare nean­che se volessi.

  John sapeva che, nonostante affermasse il contrario, il suo col­lega aveva superato di almeno due anni l'età pensionabile pre­scritta dalla legge, ma come sempre si guardò bene dal toccare quell'argomento. Arthur minacciava continuamente di smettere. Nessuno al dipartimento badava alle sue lamentele. Negli ultimi tempi, comunque, una nuova nota di serietà aveva cominciato a insinuarsi nelle sue parole.

  — Il mio lavoro ha sempre avuto la precedenza, John, lo sai. Non ho mai avuto tempo di fare nulla per me. — Arthur Bryant attraversò un tratto allagato dell'alzaia e si fermò accanto al vec­chio amico. — Gli orari pesanti fanno parte della professione, qualcosa che accettiamo tutti. Non ho mai avuto la possibilità di avere una vita domestica decente. Diamine, perfino il giorno del mio matrimonio ho dovuto annullare tutto.

  — Perché è scoppiata la guerra, Arthur. Non puoi dare la col­pa al lavoro.

  Ai loro piedi, tre giovani agenti erano immersi fino alla cintola nell'acqua gelida del canale, intenti a liberare un cadavere dal fondo. Del corpo si vedevano solo un pezzo di cappotto color cammello marrone sporco e parte di una gamba dei calzoni. Un gruppetto di spettatori osservava in silenzio l'operazione da un ponte vicino. May svitò il tappo del proprio termos e versò un caffè al collega.

  — C'è un'altra cosa, John. Gli anni passano. Non mi piace­rebbe affatto accorgermi di stare perdendo lo smalto dei giorni migliori. — Bryant stava fissando l'acqua scura che scorreva len­ta di fronte a lui.

  May si girò sorpreso verso l'amico. — E chi ha mai detto che non hai più lo smalto di un tempo, vecchio sciocco? Da quanto lavoriamo insieme?

  — Diciassette anni.

  — Appunto. Altri dieci anni e magari avremo una promozio­ne. — May sorrise, ma il compagno continuava a fissare l'acqua brumosa senza replicare. — Comunque, per qualche mese puoi resistere tranquillamente. Adesso bevi un caffè, e su col morale. Te la cavi sempre meglio di quel povero diavolo. — Indicò il ca­davere nel canale, poi si avvicinò al margine dell'alzaia e gridò a uno degli agenti: — Forza, giovanotto, si sbrighi. Il mio collega ha paura di morire d'ipotermia prima che riusciate a tirare fuori il corpo.

  — È bloccato, signore — rispose il giovane, cereo in viso. L'acqua sporca gli era filtrata fino al petto, scolorendogli la cami­cia.

  — Potreste provare a tagliare il cappotto — suggerì May. — Qualcuno vada a prendere un coltello sul furgone. — Ansioso di uscire da quel sudiciume gelido, uno dei poliziotti si allontanò sguazzando, battendo i denti.

  May stava esaminando alcune denunce di furti d'auto nel pri­mo turno, quando era giunta la telefonata. Una donna delle puli­zie aveva visto qualcosa che aveva tutta l'aria di un corpo galleggiare a faccia in giù nel canale vicino al ponte principale di Camden Lock. Incapace di resistere a una puntata su un luogo del de­litto così vicino, May aveva chiamato subito il collega, e venti minuti dopo erano giunti contemporaneamente sull'alzaia.

  Ora stavano respirando l'aria fredda di aprile, fianco a fianco, aspettando di poter dare la prima occhiata alla vittima di un omicidio. May era leggermente più alto di Bryant, e aveva sessantaquattro anni, quasi tre in meno dell'amico, ma a tutti gli effetti erano lo stesso uomo, tanto si erano affiatate le loro menti nel corso degli anni. Per ognuno dei due, lavorare senza l'altro era inconcepibile e poco pratico. Erano rimasti nel settore operativo anche quando avrebbero potuto sedersi dietro una scrivania. Ci erano rimasti a lungo. Questo era uno dei motivi per cui erano tanto rispettati dai membri più giovani della squadra investigati­va di Londra Nord. L'altro motivo era che la loro percentuale di successi nell'individuazione e nella cattura degli omicidi conti­nuava a essere fenomenale. Nessuno capiva bene come ci riuscis­sero; i loro metodi di lavoro sembravano a dir poco bizzarri. Ma finché le statistiche dei reati gravi della zona riflettevano il loro zelo, nessuno poteva lamentarsi.

  Quando infine era arrivato il momento di chiudersi in un uffi­cio, Bryant e May avevano deciso di non andare a Scotland Yard, e si erano sistemati invece a Kentish Town, proprio nel cuore di una zona calda tristemente famosa. Lì dividevano il lo­ro tempo tra l'insegnamento e l'accaparramento di tutti i casi in­teressanti.

  Gli uomini in acqua tagliarono il cappotto che bloccava il ca­davere e lo gettarono sulla riva, indietreggiando mentre il corpo affiorava lentamente. Gli arti si sollevarono come quelli di una marionetta che si animasse, i capelli sbocciarono in una corona grigia sopra il cranio ancora sommerso. Un poliziotto afferrò un piede e cominciò a tirarlo verso la sponda.

  — Il suicidio è da escludere, suppongo — disse Bryant, co­minciando a interessarsi ora che il corpo era completamente visi­bile. — Bisognerebbe essere molto decisi per annegare dove l'ac­qua è così bassa.

  — A meno che non si sia buttato dal ponte e abbia battuto la testa sul fondo. L'acqua sembra molto più profonda di quel che è.

  — Hmmm. Farò controllare il cranio e la base del collo, pri­ma. — Bryant inclinò il capo per osservare la faccia del cadave­re. — Non è giovane. Sicuramente non è un ubriaco né un dere­litto. Quella è una camicia di Turnbull & Asser, si direbbe. Ge­melli. E le mani sono troppo ben curate.

  Gli agenti adesso stavano cercando di nascondere il morto alla vista del pubblico avvolgendolo in un telo di plastica arancione. May s'inginocchiò accanto al corpo. — C'è un portafoglio nella giacca. — Estrasse con cautela il portafoglio di vitello fradicio e lo aprì. — Il nome sulla carta Visa è Henry Dell. Ci sono quarantacinque sterline. Un attimo.

  Tastò di nuovo nella tasca e tirò fuori un passaporto britannico gocciolante. — A quanto pare ha viaggiato. Brutta foto. Non gli somiglia affatto. Intendiamoci, non sono mai somiglianti, no? È evidente che è rimasto in acqua tutta la notte. Ehi, questo è inte­ressante. — Si chinò sul telo semichiuso. — Dai un'occhiata, Ar­thur. Stringe qualcosa nella sinistra.

  Gli uomini si scostarono per lasciar passare l'altro investigato­re. — Qui non riusciremo ad aprirgli le dita — disse Bryant. — L'acqua fredda ha accentuato il rigor mortis. — Si rivolse a un agente. — L'alzaia deve rimanere chiusa finché non arriva il re­sto dei miei uomini. Voglio dei calchi del fang
o attorno al viotto­lo, e che siano rilevate le impronte da entrambi i cancelli d'in­gresso vicino alla chiusa.

  — Di' a Anderson di spolverizzare le sbarre dei cancelli, oltre ai ganci — aggiunse May. — Può darsi che si sia arrampicato. E di' ai tuoi ragazzi di tagliare dei campioni di cinque centimetri dell'erba e della siepe lungo il viottolo, dai cancelli al punto dove è stato visto per la prima volta il corpo.

  — Perché? — chiese l'agente, fissando il cadavere avvolto nel­l'involucro di plastica.

  — Dai un'occhiata ai risvolti della giacca. Sono di una spe­cie di tweed ruvido. Ci sono delle lappole attaccate ai risvolti, e anche pezzi di paglia, sembrerebbe. Se provengono da qui attorno, sapremo almeno dov'è morto, e probabilmente potre­mo presumere che ci sia stata una lotta e che sia finito nei ce­spugli.

  — E il suo cappotto?

  — Sbottonato.

  — Presume.

  — Ho controllato.

  — Niente fori visibili né squarci negli indumenti. La faccia pe­rò è piuttosto malconcia. — Con un cenno, Bryant invitò gli agenti a girare il corpo, poi si chinò a esaminare le striature nera­stre sulla guancia sinistra gonfia e sul collo. — Contusioni multi­ple alla nuca, anche se immagino che siano successive all'entrata in acqua.

  — Anche le ginocchia dei calzoni sembrano danneggiate. — May si alzò e si stirò, facendo scricchiolare le proprie ginocchia. — Lasceremo il resto del lavoro a Finch e ai suoi ragazzi.

  — Che ne dici, John? Colpito e annegato? O annegato prima? Pare che non ci siano ferite d'arma da taglio.

  — Già, strano, vero? Supponendo che sia morto ieri sera sul tardi, mi sarei aspettato senz'altro un polmone forato.

  — Perché, signore? — chiese uno dei giovani agenti. Era considerata da tutti una buona idea rimanere a portata d'orecchio quando i due detective pensavano ad alta voce.

  — La vittima è ben vestita, e sulla sessantina al massimo. Im­probabile che sia stata coinvolta in una rissa di ubriachi. Più pro­babile che si sia trattato di una rapina. La forma più comune di aggressione a scopo di rapina comporta l'uso di un coltello o di qualche oggetto appuntito. Eppure non hanno preso né i soldi né la carta di credito, e pare che non ci siano ferite provocate da una lama. Tutto considerato, un bel rompicapo.

  Bryant e May osservarono il corpo che veniva chiuso nel telo e preparato per la rimozione. Una folla abbastanza numerosa si era radunata intanto lungo il passaggio pedonale del ponte alle loro spalle.

  — Guarda lo stato disgustoso di questo canale. — Bryant indi­cò le scatole di polistirolo e le lattine di Coca che galleggiavano sull'acqua unta e si ammassavano agli angoli della chiusa for­mando una impronta di marea di sporcizia. — Questo era un po­sto bellissimo quand'ero un marmocchio. Venivano qui a fare il picnic, e guardavamo le chiatte colorate che passavano.

  — Naturalmente; e la regina Vittoria era ancora sul trono al­lora, Arthur. — May lo prese a braccetto e s'incamminò verso il cancello dell'alzaia. — Speriamo che Finch scovi qualcosa di in­teressante. È da un po' di tempo che non ci capita un caso come si deve.

  Arthur si girò a osservare gli agenti che arrancavano lungo il viottolo col loro macabro carico. — Lo sa Iddio, ci vorrebbe pro­prio per tutti e due un po' di esercizio — disse.

  6

  Segreto confidato

  Quella sera Harry cenò con Hilary in un lussuoso ristorante da conto spese dietro Kensington Church Street. All'imbrunire era cominciato a piovere forte, e mentre scuoteva l'acqua dal sopra­bito nell'atrio del locale, Harry attirò su di sé gli sguardi di disap­provazione dei camerieri. Odiava la loro alterigia e le infioretta­ture spocchiose con cui presentavano i piatti della nuovelle cuisine, ma era il ristorante preferito di Hilary. Lei aveva suggerito di non annullare l'appuntamento, perché l'avebbe aiutato a sentirsi meglio. Invece a Harry ricordava solo il suo ultimo incontro col padre. Avevano litigato, come succedeva ogni volta che si trova­vano, e Harry aveva abbandonato a precipizio il tavolo prima che arrivasse il piatto principale. Come al solito, tutt'e due ave­vano parlato senza ascoltare l'altro. Harry si domandò che piega avrebbe potuto prendere la conversazione se avessero saputo che dopo quella volta non si sarebbero più rivisti...

  Hilary lo aspettava già seduta al tavolo. Non aveva ancora centellinato l'immancabile Badoit. Harry si chinò a baciarla sulla guancia... il gesto liturgico riservato a una sacra reliquia, più che l'appagamento di un desiderio romantico. In effetti, l'adorava. Hilary era la compagna perfetta per un pubblicitario, immacola­ta e glaciale. Il suo viso era una maschera di serena bellezza. Hi­lary sfoggiava lo stesso sorrisetto freddo sia che stesse assistendo a un'opera lirica, sia che stesse ricevendo proposte oscene da un barbone. Accostò la mano esile al bicchiere e fissò Harry, e un'espressione preoccupata le affiorò per un attimo sul volto, senza però turbarne la compostezza.

  — Mi dispiace davvero per tuo padre, Harry. Sai, avremmo potuto annullare la serata se fossi stato troppo depresso. — Bev­ve un sorsetto di acqua e posò il bicchiere. Harry fu avvolto da un effluvio di agrume.

  — No, volevo vederti. Anch'io ho pensato che mi avrebbe aiutato. — Nonostante l'abito di Savile Row, accanto a lei si sen­tiva sciatto. Gli faceva sempre quell'effetto, quella donna che se­deva eretta, coi capelli biondi lisci intrecciati sulla nuca, e il filo di perle che scendeva verso la sommità del petto pallido.

  Harry si girò in cerca di un cameriere, ma erano tutti indaffa­rati coi loro vassoi d'argento all'estremità opposta del ristorante, intenti a servire qualche personaggio di alto rango.

  — Pensa che strano: investito da un camion. — Hilary sem­brava imbarazzata dai particolari del decesso del signor Buckingham, come se quel tipo di dipartita non figurasse sulla sua lista di modi di morire socialmente corretti.

  — Ha parlato con qualcuno poco prima dell'incidente, pare.

  — Con chi?

  — Una donna. L'ha fermata per strada. Ho telefonato alla po­lizia, e mi hanno dato il suo numero.

  — E cosa le ha detto? — Ora Hilary era interessata. Quello rientrava nei pettegolezzi.

  — Non lo so ancora. Lo scoprirò domani.

  — Hai deciso la data del funerale?

  — Giovedì mattina. Immagino che non ci sarà molta gente. Ce la farai a venire?

  — Non posso darti una risposta sicura, per ora. Credo di avere una riunione.

  — Ho ricevuto un messaggio... devo chiamare la Cleveland.

  — Non parli quasi mai di lei, né di tuo padre, se è per questo — disse Hilary, sospettosa. — Non approvavi la loro convivenza, suppongo.

  — Erano degni l'uno dell'altro. — Harry sbuffò. — Lui era un vecchio bastardo impossibile. Non abbiamo mai parlato molto dopo la morte di mia madre. Mia madre era l'unica cosa che ave­vamo in comune. Morta lei, lui è stato libero di fare quel che vo­leva.

  Guardò Hilary e si rese conto di avere detto abbastanza. Hila­ry aveva toccato l'argomento per educazione, e adesso stava esa­minando apatica il menu.

  — Voglio solo una portata. — La sua lotta contro l'obesità aveva la precisione di una campagna militare. — Il rombo è ser­vito in una salsa di pesche noci. Non posso mangiarlo.

  Evocato dalla chiusura del menu sulla sua scollatura odorosa, un cameriere apparve all'improvviso e prese l'ordinazione di Hi­lary, quindi rimase con la matita a mezz'aria e fissò insolente il suo compagno.

  — Hilary, che ne diresti di andare fuori città per il weekend? — Harry stava per prenderle la mano, ma lei si ritrasse di colpo. Il cameriere attendeva.

  — Lo sai che non posso, caro. La prossima settimana inizia la fiera campionaria, e sabato è un giorno cruciale per me. Devo pensare agli stand. I giapponesi sono un disastro. — Hilary si ri­volse al cameriere. — Prende il rombo.

  Perché non avevano mai qualche attimo tutto per loro? — Non sarebbe bello stare un po' insieme, noi due soli? — chiese Harry esasperato. — Lontani dai telefoni, dai fax e dai cercapersone, una volta tanto? Non lo voglio il rombo.

  — Via, Harry, non è da te. P
ensavo che avessimo discusso della tua carriera. — Hilary si sporse in avanti, confidenziale. — So che è una circostanza tragica e via dicendo, ma per favore non fare i capricci. Prendi il rombo, così potrò assaggiarne un pezzettino. — Aprì il tovagliolo e lo stese in grembo, aspettando che l'argomento di conversazione cambiasse, con l'aria assente.

  Harry serrò i denti. — Non lo voglio questo cazzo di rombo.

  Il cibo arrivò. Harry si ritrovò a contemplare una cotoletta di pesce triangolare in una chiazza di salsa vermiglia. La porzione era tanto piccola da stare nel becco di un gabbiano di passaggio.

  — Solo un assaggio. — Hilary si sporse sul tavolo con la for­chetta e ne prese una scaglia, infilandola tra le labbra corallo.

  — Per essere due persone che stanno facendo carriera nel campo della comunicazione sociale, non mi sembra che parliamo granché tra noi — disse lui, osservandola.

  — Sei sciocco, Harry. Certo che parliamo. Discutiamo sem­pre.

  — Mai di cose importanti, però. — Harry conosceva benissi­mo quel vicolo cieco, ma non riuscì a evitarsi di imboccarlo.

  — Perché sappiamo qual è la nostra posizione riguardo le questioni importanti. Io so che mi ami. Ma so anche che sono di­sposta a impegnarmi solo affettivamente in questa fase. — Hila­ry masticò il pesce, pensierosa. — È positivo. Abbiamo la sicu­rezza di sapere che siamo legati l'un l'altro, senza doverci preoc­cupare del lato sessuale. Inoltre, abbiamo un lavoro da svolgere.

  — Perché devi essere sempre così ragionevole, maledizione?

  — Harry ruppe la fettina di rombo, rovinando il disegno della salsa. — Non senti mai uno slancio di passione? Non sei mai di­vorata dal desiderio?

  Hilary rifletté un istante. Incredibile... sembrava che stesse ancora masticando lo stesso pezzettino di pesce. — No, direi di no — decise. — Le donne riescono a controllare i propri sentimenti meglio degli uomini. Non hanno gli stessi impulsi. Il tuo problema è che pensi ancora col pene. — Lo guardò compassionevole, come un veterinario che si accingesse a sopprimere un vecchio cane ammalato. — Sei rimasto agli anni Sessanta. Le re­lazioni sono diverse, oggigiorno. Ci sono più cose da prendere in considerazione.